Il rifiuto dell'esercitazione è un marker importante da monitorare, in generale, e in modo particolare in presenza di giovani in età pre-intra-post-adolescenziale. Quando emergono segnali di rifiuto, totale o parziale, è fondamentale intervenire. In alcuni casi, un incremento della motivazione, accompagnato da un energico invito a superare la situazione, può essere sufficiente. In altri casi, invece, è necessario rimodulare l’esercitazione abbassandone il livello di difficoltà percepita.
Ad esempio, nelle esercitazioni che prevedono colpi al capo con bersaglio coperto dalle braccia, è comune osservare praticanti – anche con una discreta esperienza di allenamento – che chiudono gli occhi e si irrigidiscono, anche di fronte a colpi di intensità trascurabile. Questi colpi, portati sulla protezione offerta da braccia e caschetto, non rappresentano un vero pericolo, ma la reazione denota un chiaro blocco emotivo rispetto all’essere colpiti, anche solo simbolicamente.
Un fenomeno simile si riscontra nelle esercitazioni che prevedono colpi al corpo, anche quando il praticante indossa un corpetto protettivo. Non è raro osservare individui che, invece di assumere una postura raccolta per contenere i colpi, si piegano o si girano con il busto per evitarli, anche quando l’intensità dei colpi è minima.
D’altra parte, vi sono soggetti che faticano a colpire il partner di allenamento, anche nel contesto di un’esercitazione a bassa intensità e con protezioni adeguate. Questo può manifestarsi in diversi modi:
- alcuni praticanti non riescono affatto a colpire il partner, nemmeno sapendo che questi è consapevole di ricevere il colpo, è preparato a proteggersi e indossa le protezioni necessarie.
- altri riescono a completare l’azione solo quando sono certi di non colpire effettivamente il bersaglio.
- altri ancora colpiscono il partner ma non riescono a farlo in modo aggressivo. Al di là del controllo sull’energia impiegata, faticano a simulare un comportamento aggressivo nei confronti del compagno di allenamento.
Se la pratica di difesa personale prevede un contatto fisico significativo, che includa l’esperienza reale del colpo, dato o ricevuto, è inevitabile affrontare queste difficoltà. In tali situazioni, è utile introdurre esercitazioni specifiche, calibrate in modo da evitare il rifiuto emotivo e stimolare una riflessione verbale sulle sensazioni provate. Solo in seguito, con estrema gradualità, si può incrementare l’intensità delle esercitazioni, monitorando attentamente i segnali di superamento della fase di rifiuto.
Va sottolineato che questi blocchi raramente si risolvono con un singolo "esercizio magico". Poiché la difficoltà è principalmente di natura emotiva, il praticante ha bisogno di elaborare a livello individuale il contatto fisico, l’idea del colpo e il concetto stesso di aggressività – anche solo rappresentata. Solo dopo questo processo, le soluzioni tecniche possono risultare realmente efficaci.
Conclusioni
Il rifiuto dell'esercitazione rappresenta un indicatore significativo, soprattutto quando si lavora con giovani in fasi di sviluppo critiche come l'adolescenza. Affrontare queste situazioni richiede un approccio calibrato, che bilanci la necessità di stimolare il superamento dei blocchi con l'attenzione al benessere emotivo e fisico del praticante.
Le esercitazioni che prevedono colpi, sebbene essenziali per simulare contesti realistici nella difesa personale, possono generare reazioni di rifiuto. Tali reazioni, che possono variare dall’incapacità di ricevere colpi senza irrigidirsi, alla difficoltà nel colpire il partner con un minimo di aggressività controllata, richiedono interventi didattici progressivi e personalizzati.
Superare questi blocchi non è mai un processo rapido né univoco. Richiede esercitazioni specifiche a bassa intensità, un incremento graduale delle difficoltà e il coinvolgimento dei praticanti in un'elaborazione verbale delle loro sensazioni. L'attenzione alle emozioni deve precedere l'approfondimento tecnico, poiché è solo attraverso una gestione consapevole del proprio stato emotivo che un praticante può sviluppare la sicurezza necessaria per affrontare esercitazioni più impegnative.
In definitiva, una progressione didattica ben strutturata, combinata con un'attenta osservazione e un dialogo costruttivo, rappresenta la chiave per aiutare i praticanti a superare i blocchi emotivi e a migliorare la loro preparazione fisica e mentale nel contesto della difesa personale.
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Ms Chatty Gipit