«Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.»
Con la legge 13 febbraio 2006 n. 59 ("Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio.")[1] è stato aggiunto un comma recante le disposizioni che seguono:
«Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumità;
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.»
La riforma del 2006 ha introdotto dunque una presunzione assoluta (iuris et de iure) di proporzione fra difesa e offesa, nei casi di reazione avvenuta durante la commissione di delitti di violazione del domicilio ed in presenza di un pericolo di aggressione fisica. Inoltre al domicilio sono equiparati i luoghi di esercizio di attività economiche.
Requisiti di applicabilità
La legittima difesa implica necessariamente un'aggressione e una reazione, sottoposte entrambe a determinate condizioni:
Aggressione:
Oggetto dell'attacco deve essere un diritto, qualunque esso sia indistintamente, di qualsiasi natura (il codice parla di «offesa»);
La minaccia al diritto attaccato deve essere ingiusta, ovvero contraria all'ordinamento giuridico;
Deve sussistere un pericolo attuale: non basta la probabilità di un eventuale accadimento, potendo in tal caso il soggetto leso invocare l'intervento dello Stato.
Reazione:
La reazione deve essere necessaria per salvare il diritto minacciato;
La reazione deve essere proporzionata all'offesa.
Perché operi la presunzione di proporzione è necessario che ci si trovi:
In uno dei casi previsti dall'articolo 614, commi 1 e 2 c.p.
Che colui che pone in essere la legittima difesa abbia il diritto di trovarsi in quel luogo
Che vi sia un pericolo per l'incolumità della persona
Che la legittima difesa sia operata attraverso un'arma o un altro strumento di coercizione legittimamente detenuto da chi la adopera.
Perché operi la presunzione devono essere contemporaneamente presenti tutte le suddette condizioni, mentre in assenza di queste è comunque possibile che sia accertata la proporzione fra mezzi di difesa e di offesa.
L'onere della prova spetta a chi invochi l'istituto, il quale deve dimostrare che la persona offesa si trovava illegittimamente nella altrui proprietà, metteva in atto un pericolo per l'incolumità della persona, e non esistevano mezzi alternativi di difesa. La legittima difesa potrebbe non essere riconosciuta in determinati casi, ad esempio qualori si attacchi (con arma da fuoco o meno) un soggetto alle spalle, oppure durante la fuga di una persona che abbia commesso aggressione o violazione di domicilio, poiché in tal caso mancherebbe il requisito della proporzionalità, come rimarcato dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 23 marzo 2011 n. 11610.[2]